Può un robot inventare qualcosa? E se lo facesse potrebbe brevettarla?

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Di Antonella Rivetta, Avvocato

Ci si comincia a interrogare sulla possibilità che le I.A. possano avere un’autocoscienza e dunque ambire a un’identità anche giuridica.

Conseguentemente, se questi “soggetti” sviluppassero abilità in grado di “inventare” qualcosa di inedito e brevettabile, potrebbero rivendicarne la paternità con tutte le conseguenze giuridiche che ciò comporta?

La Corte d’Appello statunitense ha disposto l’impossibilità per un’intelligenza artificiale di brevettare alcunchè, in quanto solo gli esseri umani possono rivendicare la paternità di un’invenzione e fare richiesta di brevetto.

Il caso, per meglio dire la battaglia legale, è stata portata avanti da un fisico, pioniere nel campo della I.A. e della programmazione, creatore dell’algoritmo “Dabus”, va avanti dal 2019, ed è stato più volte respinto.

L’ultima dell’ufficio brevetti statunitense nel 2021.

La questione, peraltro, pone diversi interrogativi sia dal punto di vista filosofico che metafisico e comunque necessita di una regolamentazione, in quanto è sempre più probabile che in un futuro molto prossimo le intelligenze artificiali producano tecnologie che necessiteranno di essere brevettate.

Nel frattempo in alcuni stati le istanze del fisico sono state accolte.

Il 28 luglio 2021 l’ufficio brevetti del Sudafrica ha rilasciato il primo brevetto al mondo nel quale un sistema di intelligenza artificiale è designato quale inventore ed il proprietario del sistema, il fisico Thaler, titolare del brevetto.

Due giorni dopo anche la Corte Australiana stabilisce che Thaler è il proprietario dell’invenzione in quanto possiede il sistema di I.A. Dabus così come il codice che lo stesso utilizza.

Il sistema non può essere titolare del brevetto, secondo la Corte, ma può essere designato quale “inventore”.

L’Ufficio Brevetti Europeo si è espresso in senso contrario.

In generale, dovendo allargare il discorso, l’intelligenza artificiale avrà un ruolo sempre maggiore nel raggiungimento di soluzioni innovative, e pertanto la necessità di una regolamentazione legislativa condivisa, e non lasciata ai tribunali e agli uffici brevetti, è sempre più necessaria e impellente.

Fino ad ora si è ritenuto sempre centrale il ruolo del fattore umano e la circostanza che i sistemi informatici non abbiano capacità giuridica. Ma un conto è un semplice strumento di ausilio all’attività umana, un altro è un sistema evoluto, dotato di autonomia, capace di assumere decisioni creative indipendenti, siano esse rientranti nella sfera brevettuale, in quella del diritto d’autore o del design.

Colmare il vuoto normativo relativo alle opere create dalla I.A. è pertanto divenuto estremamente importante per tante aziende che stanno investendo in tale settore.

Da noi, per il momento, non c’è riconoscimento di soggettività giuridica della “macchina-sistema” e quindi il diritto di privativa ricade sull’ideatore della macchina .

La collaborazione tra uomo e macchina non è certo nuova; ora però il contributo di questa è sempre più importante e prevalente

Di conseguenza non sembra più adeguata una normativa che, quando c’è un’opera creata da una macchina, come una banca dati, prevede la titolarità del diritto d’autore in capo a colui che ha predisposto le funzioni della macchina, oltre che il diritto di esclusiva e la possibilità di perseguire eventuali violazioni, che non è in contestazione.

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